Lettera aperta al
soldato che uccise Nicola Calipari dieci anni fa. Il 4.3.2005 Calipari,
Dirigente dei nostri Servizi Segreti, veniva ucciso a un posto di blocco sulla
strada dell’aeroporto di Baghdad, dove un aereo lo attendeva per riportarlo in
Italia con la giornalista Giuliana Sgrena, appena rilasciata dai terroristi
iracheni dopo lunghe trattative.
La Toyota Corolla
correva nella notte sulla Irish Route quando venne illuminata dai fari di un
chek-point americano. Non si fermò, seguirono attimi di esitazione, troppi. Dal
blindato partì una pioggia di proiettili che centrò l’auto. Calò un
interminabile silenzio e ai soldati che si avvicinarono con le armi spianate
apparve uno spettacolo di morte. A bordo non c’erano terroristi ma tre
italiani. C’era Giuliana Sgrena, ferita insieme all’autista. Accanto a lei,
ferito a morte, Nicola Calipari.
Aldo Maturo
Soldato Ryan,
scusami se ti chiamo
così, ma non conosco il tuo nome ed ho pensato di dartene uno, uno diventato
famoso in quell’altro mattatoio della storia chiamato Normandia.
Forse hai perso il
conto, ma sono due anni che sei lì, anche se qualcuno ti aveva assicurato che
sarebbe stata una guerra lampo. Quante volte a bordo del tuo gigantesco tank,
sferragliando in quel truce teatro di distruzione e di morte, ti sono tornate
in mente le tue verdi e sconfinate praterie o quelle squallide ma amichevoli
periferie dove sei cresciuto? Quante volte hai ripensato al giorno in cui hai
accettato di arruolarti, ammaliato dal mito della “lotta al terrorismo
internazionale”, della nobile missione di “esportare la democrazia”, mentre in
cuor tuo pensavi solo a quel mucchio di dollari che nel tuo paese mai avresti
messo insieme in tempi così brevi?
Ora sei lì, da 735
interminabili giorni, impantanato in una lurida guerra senza fine, perennemente
in allerta, con il dito sul grilletto in ogni ora del giorno e pochi secondi
per pensare se premerlo o no. Se ti va bene, puoi vivere e guadagnarti una
medaglia al valore, la Purple Heart, quella che i generali danno ai
feriti. Se ti va male, torni a casa avvolto in una bandiera, com’è già successo
ai tuoi amici Walter, John, Vanessa, Genevieve, Michael e mille altri ancora.
Dinamica dei fatti secondo l'inchiesta |
È così che spari a
qualunque cosa tu pensi possa esploderti addosso. Ti hanno detto di farlo, ti
hanno detto che è un tuo diritto sparare ogni volta che ti senti minacciato,
ogni volta che senti la tua vita in pericolo. Le “regole d’ ingaggio”, le
chiamano.
E spari, spari,
chissà quanti uomini sono morti e quanti altri ne moriranno, e quante altre
donne, quanti bambini innocenti piangeranno i loro cari, colpevoli solo di
essere nati in quella terra dove vissero i Sumeri - tra il Tigri e l’Eufrate -
culla, mille e mille anni fa, della prima civiltà.
Hai sparato anche
qualche giorno fa, ricordi sì, era il 4 marzo? Eri lì da ore, l’occhio nel
mirino, il dito sul grilletto come sempre, in quel check-point sulla Irish
Route, la maledetta strada dell’aeroporto. Hai sentito da lontano il rumore
di un’auto, l’hai sentita avvicinarsi, hai seguito i fari ingrandirsi nel buio
della notte e puntare verso di te. Questi mi fanno saltare in aria, hai
pensato. Hai avuto paura, ti sei irrigidito e hai sparato, sparato, sparato,
finché non hai visto l’auto fermarsi. Pochi secondi e nel silenzio di morte che
è calato tra te e loro ti è venuto il dubbio che potevi aver sbagliato. E avevi
sbagliato, perché hai ucciso un innocente, un italiano per bene, e ferito chi
era con lui, tutti colpevoli solo di voler scappare al più presto da
quell’inferno.
Prima o poi qualcuno
ci dirà perché è successo, forse ti processeranno, forse riconfermeranno che è
stato un “cortocircuito informativo” tra noi e voi, ma la cosa non cambia.(*)
È la guerra, la tua
sporca guerra, soldato Ryan, una guerra costata finora, solo al tuo Paese, 160
miliardi di dollari. Sono tanti, sai, sono 4 miliardi di dollari al mese, 177
milioni di dollari al giorno, 122.820 dollari al minuto, più di 2000 dollari al
secondo. Il tuo stipendio ogni due o tre secondi. Quello di un italiano medio,
ogni secondo.
Una montagna di
dollari destinati alla morte e sottratti alla vita.
Ora ti lascio, Ryan,
qui da noi è Pasqua, giorno di pace, ma per te sarà un’altra Pasqua di guerra.
Forse in queste ore sei di pattuglia, forse ti muovi “a grappolo”, “a copertura
totale”, e non sai se arriverai vivo fino a stasera.
Però almeno oggi non
sparare. Lo so, capisco il tuo dramma, dipende dalla fortuna. E allora buona
fortuna e buona Pasqua anche a te.
(*)
L’inchiesta accerterà che dal chek-point che sbarrava la strada per l’aeroporto
aveva sparato il soldato italo americano Mario Lozano, 36 anni, originario del
Bronx, New York. L’auto di Calipari, secondo la versione americana, non si era
fermata alle segnalazioni luminose fatte dai soldati che quindi l’avevano
scambiata per un’auto di terroristi-kamikaze. Incriminato in Italia per
omicidio volontario, Lozano non è mai stato processato perché gli Stati Uniti
hanno respinto la richiesta di estradizione. Anche la nostra Cassazione
ha riconosciuto la «carenza di giurisdizione» della magistratura italiana
ad occuparsi di processare Lozano. I giudici hanno ritenuto che il militare sia
da considerare esclusivamente sottoposto alla giurisdizione americana.
da Aldo Maturo,
27.3.2005.
riportato su Cronache e d'intorni, di Aldo Maturo, Ediz.Nous, 2015