560
persone trucidate tra cui 107 bambini. Fu l’eccidio di S.Anna di Stazzema
(Lucca) del 12.8.1944, 70 anni fa. Il processo in Italia dei dieci tedeschi
responsabili della strage si concluse con dieci ergastoli, mai eseguiti.
Secondo la Procura di Stoccarda non era stata provata la responsabilità e la
premeditazione a carico dei superstiti, ormai 90 enni (di cui tre ancora in
vita e tra questi due incapaci di intendere e volere). Una Corte federale
tedesca ha annullato la decisione di Stoccarda e ha deciso di riaprire le
indagini. Forse perché sono passati 70 anni, forse perché ad indagini concluse
il processo si estinguerà perché i protagonisti, vista l’età, non saranno più
vivi.
Ossario S.Anna di Stazzema |
Aldo Maturo
(Da "Cronache e
dintorni" di Aldo Maturo, Nous editore, marzo 2014)
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A Sant’Anna di
Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consumò uno dei più atroci crimini
commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia.
All’alba tre reparti
di SS salirono a Sant’Anna. Un quarto chiuse ogni via di fuga a valle. Alle
sette il paese era circondato, la popolazione in trappola: Sant’Anna era ormai
destinata a rimanere una frazione senza più vita. I tedeschi ci erano arrivati
grazie ai fascisti che ancora erano rimasti al fianco dei soldati del Reich.
Gli uomini del paese fuggirono nei boschi per non farsi deportare. Rimasero gli
anziani, le donne e i bambini.
Erano
inermi e pensavano che i nazisti non avrebbero avuto ragione di provocare
l’inferno che di lì a poco si sarebbe scatenato.
Le truppe con la
croce uncinata agirono invece in poco più di tre ore. Secondo il
tribunale militare di La Spezia non fu una rappresaglia, non fu un atto di
guerra. Fu un atto di terrorismo. Un’azione premeditata e curata nel
dettaglio. L’obiettivo era terrorizzare i civili, i paesi vicini e i
partigiani. Un avvertimento. Un avvertimento che costò la vita a 560 donne,
vecchi e bambini disarmati e che non avevano mai reagito alla divisione
Reichsfuhrer SS.
Cinquecentosessanta vite trucidate a colpi di mitra e bombe a
mano e poi fatte sparire nel nulla, perché bruciate in un incendio appiccato
dagli stessi tedeschi. La furia
omicida dei nazi-fascisti si abbatté improvvisa e implacabile, su tutto e su
tutti. Nei borghi del piccolo paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al
Pero, ai Coletti, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita,
trucidati, bruciati, straziati. Uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e
i nipoti. Uccisero i paesani e uccisero gli sfollati, i tanti saliti lassù in
cerca di un rifugio dalla guerra.
Uccisero Anna,
l’ultima nata nel paese di appena venti giorni, uccisero Evelina, che quel
mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima
di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia
al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i
soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini
Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà, in preda a una cieca
furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe.
E poi il fuoco, a
distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A
Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera.
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“Se voi volete
andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate
nelle montagne ove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono
imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per
riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché
lì è nata la nostra Costituzione” (Piero Calamandrei)