sabato 6 luglio 2019

IL RICATTO DELLA LIBIA


Ricattati dalla Libia con seimila migranti? È quel che ci meritiamo per i disastri che abbiamo combinato. Il nodo della Libia è venuto al pettine: ora Sarraj minaccia di far arrivare migliaia di profughi in Italia. È una minaccia reale e fondata. Colpa delle politiche folli dell’Italia e dell’Europa. Una gestione della crisi libica di cui dovremmo, francamente, vergognarci.

 
Attenzione a considerarlo un bluff. Piuttosto, cominciamo ad abituarci all’idea che sia un antipasto. La minaccia-ricatto di Sarraj - datemi soldi e protezione internazionale - o chiudo i centri di detenzione dei migranti è l’inizio di una nuova deliberata fase del conflitto libico.

Quella dei migranti usati come scudi umani e strumento di pressione sull’Europa, e sull’Italia in primis. Ha cominciato il generale Haftar, che con i suoi F16 ha bombardato uno di questi centri di detenzione nell'area di Tajoura, ammazzando 53 persone (di cui sei bambini) in un’area che ne conteneva 200 circa. Ha continuato Sarraj, sparando ad altezza uomo ai migranti che provavano a scappare, e continuando a riempire i centri, salvo poi minacciare di smobilitarli. Ha concluso Haftar, dicendosi d’accordo con il rivale.
Intendiamoci: la chiusura dei centri di detenzione libici non è una tragedia. La tragedia, semmai, è che quei centri esistano, che la loro esistenza sia foraggiata con soldi occidentali, che la civilissima europa abbia appaltato a gente del genere la propria strategia politica sull’immigrazione e che ci sia un ministro dell’interno italiano che definisca porto sicuro quell’inferno. Il problema semmai è che ora come ora siamo legati mani e piedi ai leader libici e ai loro capricci. È che non abbiamo uno straccio di strategia europea su come gestire la crisi libica, divisi come siamo tra l’Italia che sostiene Sarraj, la Francia che sostiene Haftar e il resto del continente che se ne frega. È che abbiamo talmente soffiato sul fuoco della paura degli sbarchi e degli arrivi via mare che adesso i nostri “amici” libici sanno come terrorizzarci. 
Che poi, ottomila sbarchi - quelli che minaccia Sarraj - non sarebbero nemmeno l’ombra di un’emergenza per un Paese efficiente, nel contesto di un continente solidale. In un mondo normale non troverebbero nemmeno spazio in una prima pagina di giornale. Se da noi sono diventati una tragedia è colpa di un sistema di accoglienza ridicolo, di una guerra ideologica combattuta sulle paure delle persone, di una tragicomica dialettica europea, con Paesi che da soli hanno il Pil di mezza Africa e che piangono miseria se devono accogliere quattrocento persone e leader navigati che non riescono a trovare mezzo accordo per riformare il Trattato di Dublino, così come il Parlamento Europeo ha chiesto a larghissima maggioranza solo qualche mese fa.
E invece, eccoci qua. Con un elettorato terrorizzato a dovere da anni di propaganda anti-migranti. Con una sovranità lasciata nelle mani di due signorotti della guerra libici, abbastanza cinici da usare migliaia di disperati come scudo umano. Con una guerra civile alle porte che rischia, questa sì, di fare della Libia un gigantesco serbatoio di richiedenti asilo in fuga dall’inferno, quando le truppe di Haftar marceranno su Tripoli e Misurata. 
Il capolavoro è servito, insomma. Abbiamo abbattuto Gheddafi senza avere uno straccio di strategia peri il dopo. Abbiamo creato un’emergenza migranti dove non esisteva. L’abbiamo gestita in modo demenziale, sia a livello italiano, sia a livello europeo. Abbiamo ingrassato leader politici africani che ora ci ricattano per avere più soldi. Abbiamo raccontato la favoletta della Libia porto sicuro, per sentirci a posto con la coscienza mentre rimandavamo dei disperati all’inferno. Tutto, per un po’ di soldi, o per qualche voto in più. Adesso raccogliamo quel che abbiamo seminato. Essere ricattati dalla Libia è il minimo che ci può capitare. Il minimo.