Io sono il portiere dell’albergo.
Di un albergo chiamato carcere. L’unico albergo che non va in overbooking,I nostri
clienti entrano perché li accompagniamo noi e chiudiamo dolcemente. Più o meno.
Il gioco sottile è che i nostri clienti non hanno le chiavi soprattutto per
uscire. E non possono scegliersi le persone che dormono nella loro stanza.
Giampaolo Cassitta *
17.4.2014 - dal suo Blog
Buonasera signori.
Io sono il portiere dell’albergo. Lo so, un albergo strano, diverso dal solito.
Io ho le chiavi per farvi entrare ma non quelle per farvi uscire. Insomma, la
vostra dipartita non dipende da me. E neppure dal buon Dio. Diciamo che ci sono
molti fattori. Io ho le chiavi di molte camere.
Che, se fosse un
albergo normale, sarebbero ben definite: il numero 100 corrisponde al primo
piano, il 200 al secondo e così via. Ma da queste parti la numerazione è, come
dire, più creativa: noi i corridoi del nostro albergo li chiamiamo braccia o
lati: braccio destro, braccio sinistro, lato destro, lato sinistro, oppure
sezioni o padiglioni o braccetti o tanti altri strani nomi.A volte anche
esotici o di città o di venti.
Insomma io ho le
chiavi di molte stanze e di molti alberghi dove entrano molte persone sempre
accompagnate da qualcuno, mai da sole. Perché di fatto nei nostri alberghi non
si prenota. Mai. Dicono porti male. Ma c’è una cosa stranissima, che non accade
in nessun altro albergo del mondo: da noi un posto per il cliente lo troviamo
sempre. Mica possiamo mandarlo via o da un’altra parte. Non accade mai. Noi
usiamo, come dire, far dividere la stanza con qualcun altro, tanto a che serve
una stanza d’albergo?
Io sono uno strano
portiere. Ho le chiavi. Grandi chiavi. Che non consegno mai ai nostri clienti.
Direte: avranno il badge che inseriscono nella fessurina fuori della camera.
No, neppure quello. I nostri clienti entrano perché li accompagniamo noi e
chiudiamo dolcemente. Più o meno. Il gioco sottile è che i nostri clienti non
hanno le chiavi soprattutto per uscire. E non possono scegliersi le persone che
dormono nella loro stanza. Tutto è lasciato un po’ al caso, alla necessità,
alla creatività.
Io sono il portiere dell’albergo.
Di un albergo chiamato carcere. L’unico albergo che non va in overbooking,
Tutto è prenotabile, per tutti c’è posto. Siamo disposti a tutto e non facciamo
neppure tanta pubblicità.
Io sono il portiere
di questo strano albergo, dove non conosco i clienti che arrivano e li devo
sempre identificare. Loro vorrebbero non entrare ma io non posso farli uscire
anche se dentro l’albergo non c’è più posto e poi, lo ripeto sempre, ma perché
siete venuti da queste parti, che non c’è proprio niente da vedere?
Io sono il portiere
dell’albergo. Ma le prenotazioni non le gestisco io. Sono l’unico portiere al
mondo che non ha le chiavi dietro il banco. Ne basta una per piano o sezione o
braccio. Sono anche l’unico portiere che non risponde al telefono. Perché nel
nostro albergo i telefoni non ci sono.
Sono anche un
portiere che osserva in silenzio e, se per caso, dovesse entrare una coppia
siatene certi: nel nostro albergo non dormiranno mai insieme. E’ una delle
nostre piccole e forti certezze. I maschietti con i maschietti, le femminucce
con le femminucce. Niente party o incontri galanti.
Io sono il portiere
dell’albergo. Aspetto e guardo i giorni che camminano lenti, sempre uguali. Una
cosa però ho imparato. Nel mio albergo non vengono mai i potenti, i ricchi, i
furbi. Il mio è un albergo con poche stelle e poco cielo sul tetto. Il mio è un
albergo che non piace ai Vip, anche se dovrebbero prenotare per comprendere la
vita e un briciolo di dignità.
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* Dirigente Amministrazione Penitenziaria - Scrittore, Blogger
* Dirigente Amministrazione Penitenziaria - Scrittore, Blogger