sabato 2 febbraio 2013

LA BOTTEGA DEL BARBIERE


Simpatica descrizione di una giornata pre elettorale in un negozio di barbiere, fra la gente comune. Passano gli anni, cambiano i nomi, ma il clima resta invariato, a rimarcare il sostanziale disinteresse  del cittadino comune verso la politica. Queste ore sono ferme nel tempo, vissute giorno per giorno alla vigilia di ogni elezione.

 
 Aldo Maturo

 
Quel giorno mi ero deciso ad andare a tagliare i capelli, rito che un tempo era quindicinale e che ormai da molti anni si ripete con scansione bimensile. Ben presto mi avvierò  a celebrazioni semestrali  finché  le mie visite coincideranno solo con le grandi feste consacrate.
Per l’economia familiare il dilatarsi dei tagli non ha apportato alcun beneficio, perché a fronte di una mia minor frequentazione e di un minor impegno lavorativo del barbiere, supplisce l’aggiornamento delle tariffe.
Le barberie degli anni 2000, si sa, sono ormai “Boutique”, dai nomi inglesizzanti ed esotici, con vetrine dalle luci accecanti e pavimenti  maiolicati tirati a specchio, che ti fanno sentire in colpa quando li vedi puntellati con i tuoi ultimi ciuffetti sale e pepe, caduti eroicamente sotto il ticchettio inesorabile  di forbici lunghe ed affusolate.


La mente ti riporta alle vecchie e care botteghe di barbiere, lo storico “Salone”, familiare luogo di ritrovo,di chiacchiericcio e sottintesi, miniera inesauribile del gossip paesano, dove l’aria era quella inconfondibile della crema da barba al sapore di mandorla, delle grosse insaponature e dell’  immancabile spruzzata di dopobarba industriale, con l’amico barbiere che a Natale ti infilava in tasca il calendarietto profumato pieno di donnine prosperose che puntualmente, dietro un platano, scambiavi o confrontavi con gli amici, reduci dal giro degli altri barbieri.

Calendarietti da barbiere anni '50




Quel pomeriggio, dunque, ero in attesa, all’ozio involontario, perché il “Resto del Carlino”, al solito, l’aveva preso il padre del barbiere, un nonnetto in pianta stabile che, come il personaggio di Bellavista, era tutt’uno con la sedia e ogni giorno, con gli occhiali a mezz’asta sul naso, forte del rispetto dovutogli per l’età e la parentela,  si “scannerizzava” il giornale dalla prima all’ultima pagina, lasciando i clienti a braccia conserte o liberi di sfogliare riviste  vecchie e sdrucite, accatastate sotto al tavolino. Lo aveva piegato in due, il giornale, e si aiutava nella lettura col dito indice, ultimo terminale di una mano pronta per lo studio anatomico del carpo e metacarpo. Ogni tanto scuoteva la testa canuta in segno di disapprovazione, accentuando il disappunto con un tic fatto di toccatine alla punta del naso. 

 


Girò e rigirò il giornale più volte, ma ritornava sempre sulle pagine della politica nazionale mentre i pensieri gli si leggevano sul volto come in un libro aperto sul leggio. Ad un tratto alzò gli occhi e si accorse che lo guardavo. Lo sguardo gli s’illuminò, aveva trovato un interlocutore, alzò l’indice e mi fece segno di aspettare. Tirò su gli occhiali ormai in miracoloso equilibrio, ripiegò in quattro il quotidiano e lo poggiò sul tavolino da dove un cliente in agguato lo afferrò di corsa. Si passò le dita scarne tra i capelli tutti bianchi quasi a voler riordinare le idee e muovendo le labbra inumidite scosse da un leggero tremolio mi disse : “  Dottò, ei vist’ sa’ fann’ a Roma? (dottore, hai visto che fanno a Roma?) Ma com’ gli vien’ ‘en ment’ de’ cangià la Costituzion dopo sessant’ann? (Ma come gli viene in mente di cambiare la costituzione dopo sessant’anni?) ‘E po’, sa’ vor dì el “primariato forte? (e poi cosa vuole dire il primariato forte?) E la polizia? Sa’ fem’? Ogni region’ ci ’arria esse ‘na polizia? (E la Polizia? cosa facciamo? in ogni regione ci dovrebbe essere una Polizia?) Ma sa’ è sta devolution? E il Welfare? (ma che cos’è questa devolution?E il welfare?)
E giù, giù, come un fiume in piena. Cercai di contenerlo, di spiegargli che non era del tutto così, che dovevamo fidarci del Parlamento, che il decentramento regionale per molte materie c’era già da anni.
La discussione, come una scintilla in un mucchio di sterpaglie, si animò e si allargò mio malgrado agli altri clienti, con risultati imprevedibili. Diceva la sua, ogni tanto, anche un signore che si stava tagliando la barba e che, prima di intervenire, si premurava di alzare ogni volta il braccio per bloccare la mano del barbiere, armata con un affilatissimo “rasoio a mano libera”.
L’argomento era molto sentito ma la conoscenza dei problemi era superficiale ed approssimativa. Il “Cavaliere” era comunque al centro dell’attenzione e contendeva la palma al “Senatur”, ma ce n’era per tutti e per tutti i colori.
  Finalmente intervenne il barbiere, da buon padrone di casa, più preoccupato di non perdere clienti per colpa della politica che di proteggere il buon nome o  i defunti dei personaggi chiamati in causa.
“Avete visto che brava l’Italia? – disse allungando la mano per alzare il volume dello stereo -  I due goal di Pirlo sono stati favolosi, era ora che vincessimo alla grande”.
Il dado era tratto. La discussione politica si spense e si riaccese sullo sport, come un servizio televisivo che “sfuma” per dare spazio ad un altro.
Lippi, Pirlo, Cassano, Buffon, Gilardino, Materazzi. Uno per uno, per tutti un giudizio, un voto in pagella, la descrizione  meticolosa della partita e delle tattiche, una conoscenza perfetta della materia, mentre Francesco Renga, in un melodioso sottofondo, cantilenava per l’ennesima volta le belle parole del suo sanremese “Angelo”.
 
Il nonnetto no, non aveva gradito il cambio di copione. Era arrabbiato, si alzò ed uscì, lentamente, con passo instabile, senza salutare,  cercando di accendere la pipa e borbottando frasi incomprensibili.
Dalla vetrina, vedevo sul lato opposto della strada la lunga batteria di tabelloni elettorali, pieni di manifesti, di faccioni da art studio, di slogan. Manifesti  freschi di colla accanto a manifesti mestamente ciondoloni, tirati giù da una mano ostile, tutti invitanti, tutti in attesa delle imminenti elezioni, frutto del lavoro di corposi team elettorali mal ripagato da uno splendido isolamento e da un dilagante disinteresse.
Guardavo, pensavo, mentre cominciava a venir giù una pioggia primaverile, improvvisa e noiosa, che lavava il marciapiede, spazzava la strada e bagnava insolente anche i faccioni dei candidati, sorridenti o impudenti nelle loro foto manifestamente datate. 


(Aldo Maturo, 3 aprile 2005, www.vivitelese.it)
http://archivio.vivitelese.it/archivio%202005/osservatore/Barbiere.htm