sabato 18 maggio 2019

LA GUERRA DEI BALCONI




Aldo Maturo

Si diffonde in tutta Italia l’hastag #salvinitoglianchequesti. Dopo l’ordine dato ai vigili del fuoco di togliere lo striscione critico da un balcone di Brembate, è partita in tutta Italia la
protesta degli striscioni contro Salvini. La protesta si affianca a quella dei selfie, occasione, per alcuni, di sorprenderlo con frasi indesiderate.
 
 In occasione della sua ultima visita a Napoli, la città ha preparato la rivolta dei balconi,  decine e decine di lenzuola e striscioni con frasi ironiche e pittoresche.


Le foto di analoghe iniziative provenienti da tutta Italia stanno facendo il giro del web. Su uno c’è scritto “Salvini non sei il benvenuto. P.S. per la digos: torno alle 20”, alludendo agli interventi della Digos in qualche occasione.

Oramai è diventato un rituale delle strade e delle piazze che ospitano un suo comizio.

Dopo i primi interventi della Digos, criticati da tutti, pare che ora le direttive siano diverse, più tolleranti e il reato di “turbativa elettorale”, ipotizzato dalla Digos, è sembrato più un atto estemporaneo del funzionario di polizia in servizio di O.P. che una direttiva generale del Ministero degli Interni.


Il reato è disciplinato dall'articolo 100 del DPR 30.3.1957 n.361: - Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati. Il testo recita: «Chiunque, con minacce o con atti di violenza, turba il regolare svolgimento delle adunanze elettorali, impedisce il libero esercizio del diritto di voto o in qualunque modo altera il risultato della votazione, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da lire 600 mila a lire 4 milioni».


I giudici dovranno stabilire se è considerato “turbativa elettorale” esporre uno striscione o un lenzuolo con frasi ironiche nei confronti di un politico.

 Se per la Corte costituzionale «la turbativa dei comizi è un evento assai pericoloso per la sicurezza pubblica”, è altrettanto vero che va difesa la libertà di pensiero e che la turbativa elettorale non può identificarsi in una manifestazione di pensiero – quali sono gli striscioni – ma più fondatamente deve basarsi su una condotta concreta, con atti, fatti e comportamenti che impediscono il libero svolgimento della manifestazione elettorale.



E' vero che l’oratore politico può appellarsi al principio costituzionale della libera manifestazione del pensiero. Non vedo, però, come non possa essere garantita al cittadino la libertà di contestarlo con lenzuoli e striscioni che di certo non configurano le ipotesi di “minacce” o  “atti di violenza” previsti dalla legge.