venerdì 20 dicembre 2013

FORSE SALVO SOTTILE NON SA



L’ultima trasmissione di Linea Gialla, in onda su La7 martedi 17 dicembre, è stata una fabbrica di fango per l’amministrazione penitenziaria e per tutto il personale che ne fa parte. I Direttori, la polizia penitenziaria, i medici e tutti gli operatori sono stati messi in un vergognoso tritacarne al solo scopo di denigrare, svilire, dequalificare chi lavora notte e giorno in quella che è stata definita più volte “la pattumiera” della società.


 
Aldo Maturo
Partendo da un servizio giornalistico sul carcere di Napoli Poggioreale, Salvo Sottile ha deriso, offeso e criminalizzato impunemente un’intera categoria, portando le telecamere negli angoli spazzatura ed ignorando che ci sono anche i salotti-buoni.
Spalleggiato da onnipresenti opinionisti, noti “esperti” in carcerario, ha condotto con un fil rouge l’opera di destabilizzazione del sistema penitenziario, con inqualificabile ironia, implacabile nella sua consueta inquadratura, a tre quarti come le  dive degli anni ’30.


Forse Sottile, che ha ironizzato per non essere stato ammesso a Poggioreale con le sue telecamere, non sa che i giornalisti e le Tv entrano in tutte le carceri italiane da più di trent’anni.

Forse Sottile non sa che gli operatori penitenziari gestiscono da decenni una pentola a pressione e che le loro richieste di aiuto sono sempre state disattese.

Forse Sottile non sa che i politici da anni ignorano i problemi dal carcere, figlio indesiderato di uno Stato latitante, e lo stanno scoprendo solo ora e solo perchè  per alcuni di loro si possono spalancare quelle porte che hanno sempre voluto ignorare.

Forse Sottile non sa che in Italia ci sono 6.000 agenti in meno e 25.000 detenuti in più rispetto ai posti-letto disponibili.

Forse Sottile non sa che in carcere non ci sono ospiti di rango, come i suoi, ma rapinatori, stupratori, violentatori, omicidi, infanticidi, camorristi, mafiosi, ‘ndranghetisti, sequestratori. E non è detto che in carcere dimenticano di esserlo.




Forse Sottile non sa che dal 1975 i detenuti sono liberi di scrivere, acquistare giornali, vedere la Tv, parlare con i familiari, con gli avvocati, con docenti, con  migliaia e migliaia di volontari esterni. Possono quindi riferire qualunque cosa, vera o falsa che sia, e non necessitano dei suoi scoop per far sapere alla gente cosa succede.

Forse Sottile non sa che se le carceri non sono ancora scoppiate, se non ci sono le rivolte, se non sono state incendiate tutte le prigioni, lo si deve alla professionalità degli operatori penitenziari, alla loro pazienza, alla loro tolleranza, ai loro sacrifici.

Forse Sottile non sa che in Italia non esistono carceri spielberg, che la comunità esterna partecipa alla vita interna di tutti gli istituti e quindi vede, osserva, annota e riferisce.

Forse Sottile non sa che le carceri sono sotto la giurisdizione dei magistrati di Sorveglianza e delle Procure della Repubblica, con i poteri che ne derivano.

Forse Sottile non sa che in un ambiente in cui convivono giornalmente oltre 100.000 persone, chi al di qua e chi al di là dei cancelli, possono scattare inevitabilmente episodi di reciproci atti di violenza, ma questo è dovuto ad una convivenza diventata impossibile ed una tensione giunta alle stelle.

Forse Sottile non sa che, strumentalizzando il problema, non ha reso un gran servizio a un dibattito che avrebbe meritato un’analisi rigorosa ed attenta, per far capire agli spettatori quale è veramente il dramma delle carceri.

Forse Sottile non sa, o fa finta di non sapere, che spesso il pubblico, anche quello del suo Studio, è schizofrenico e passa con disinvoltura dal pietismo al più spietato giustizialismo, ondeggiando le sue scelte sulla diversificata cronaca nera della giornata.

Forse Sottile non sa che l’istituzione del Garante Nazionale dei detenuti è solo un dispendioso duplicato dei già esistenti Garanti regionali e rappresenta un’umiliante offesa per i magistrati di Sorveglianza.

Sono troppe le cose che Sottile non sa. Sa certo di audience, di scoop, di pubblicità, di spettacolarizzazione dei più crudi fatti di cronaca. Sa scannerizzare senza pietà l’animo dei protagonisti, sa zoomare sulle loro lacrime, gode per essergli stata affidata una particina nel quarto potere. Dovrò studiare attentamente per vedere se questi sono i canoni del vero giornalismo.

Per il resto mi dispiace solo che ormai non posso più invitarlo in un mio istituto. Forse gli avrei spiegato come si fa ad essere meno orecchiante su una realtà più complessa di uno studio televisivo.