L’ultima
trasmissione di Linea Gialla, in onda su La7 martedi 17 dicembre, è stata una
fabbrica di fango per l’amministrazione penitenziaria e per tutto il personale
che ne fa parte. I Direttori, la polizia penitenziaria, i medici e tutti gli
operatori sono stati messi in un vergognoso tritacarne al solo scopo di
denigrare, svilire, dequalificare chi lavora notte e giorno in quella che è
stata definita più volte “la pattumiera” della società.
Aldo Maturo
Partendo da un
servizio giornalistico sul carcere di Napoli Poggioreale, Salvo Sottile ha
deriso, offeso e criminalizzato impunemente un’intera categoria, portando le
telecamere negli angoli spazzatura ed ignorando che ci sono anche i
salotti-buoni.
Spalleggiato da
onnipresenti opinionisti, noti “esperti” in carcerario, ha condotto con un fil
rouge l’opera di destabilizzazione del sistema penitenziario, con
inqualificabile ironia, implacabile nella sua consueta inquadratura, a tre
quarti come le dive degli anni ’30.
Forse Sottile, che
ha ironizzato per non essere stato ammesso a Poggioreale con le sue telecamere,
non sa che i giornalisti e le Tv entrano in tutte le carceri italiane da più di
trent’anni.
Forse Sottile non sa
che gli operatori penitenziari gestiscono da decenni una pentola a pressione e
che le loro richieste di aiuto sono sempre state disattese.
Forse Sottile non sa
che i politici da anni ignorano i problemi dal carcere, figlio indesiderato di
uno Stato latitante, e lo stanno scoprendo solo ora e solo perchè per
alcuni di loro si possono spalancare quelle porte che hanno sempre voluto
ignorare.
Forse Sottile non sa
che in Italia ci sono 6.000 agenti in meno e 25.000 detenuti in più rispetto ai
posti-letto disponibili.
Forse Sottile non sa
che in carcere non ci sono ospiti di rango, come i suoi, ma rapinatori,
stupratori, violentatori, omicidi, infanticidi, camorristi, mafiosi,
‘ndranghetisti, sequestratori. E non è detto che in carcere dimenticano di
esserlo.
Forse Sottile non sa
che dal 1975 i detenuti sono liberi di scrivere, acquistare giornali, vedere la
Tv, parlare con i familiari, con gli avvocati, con docenti, con migliaia
e migliaia di volontari esterni. Possono quindi riferire qualunque cosa, vera o
falsa che sia, e non necessitano dei suoi scoop per far sapere alla gente cosa
succede.
Forse Sottile non sa
che se le carceri non sono ancora scoppiate, se non ci sono le rivolte, se non
sono state incendiate tutte le prigioni, lo si deve alla professionalità degli
operatori penitenziari, alla loro pazienza, alla loro tolleranza, ai loro
sacrifici.
Forse Sottile non sa
che in Italia non esistono carceri spielberg, che la comunità esterna partecipa
alla vita interna di tutti gli istituti e quindi vede, osserva, annota e
riferisce.
Forse Sottile non sa
che le carceri sono sotto la giurisdizione dei magistrati di Sorveglianza e
delle Procure della Repubblica, con i poteri che ne derivano.
Forse Sottile non sa
che in un ambiente in cui convivono giornalmente oltre 100.000 persone, chi al
di qua e chi al di là dei cancelli, possono scattare inevitabilmente episodi di
reciproci atti di violenza, ma questo è dovuto ad una convivenza diventata
impossibile ed una tensione giunta alle stelle.
Forse Sottile non sa
che, strumentalizzando il problema, non ha reso un gran servizio a un dibattito
che avrebbe meritato un’analisi rigorosa ed attenta, per far capire agli
spettatori quale è veramente il dramma delle carceri.
Forse Sottile non
sa, o fa finta di non sapere, che spesso il pubblico, anche quello del suo Studio,
è schizofrenico e passa con disinvoltura dal pietismo al più spietato
giustizialismo, ondeggiando le sue scelte sulla diversificata cronaca nera
della giornata.
Forse Sottile non sa
che l’istituzione del Garante Nazionale dei detenuti è solo un dispendioso
duplicato dei già esistenti Garanti regionali e rappresenta un’umiliante offesa
per i magistrati di Sorveglianza.
Sono troppe le cose
che Sottile non sa. Sa certo di audience, di scoop, di pubblicità, di
spettacolarizzazione dei più crudi fatti di cronaca. Sa scannerizzare senza
pietà l’animo dei protagonisti, sa zoomare sulle loro lacrime, gode per
essergli stata affidata una particina nel quarto potere. Dovrò studiare
attentamente per vedere se questi sono i canoni del vero giornalismo.
Per il resto mi
dispiace solo che ormai non posso più invitarlo in un mio istituto. Forse gli
avrei spiegato come si fa ad essere meno orecchiante su una realtà più
complessa di uno studio televisivo.