Non
guasterebbe se, una volta tanto, si andasse oltre la critica scontata e
si trovassero alternative sottese da principi e ideali concreti.
Antonella Gioia, “Secolo Trentino” – 11.2.2015
Nell’era della globalizzazione e del mondo virtuale, non
sono solo i rapporti umani a uscirne modificati e, in alcuni casi, danneggiati.
Anche il modo di fare politica, paradossalmente, deve adeguarsi
ai tempi. Così, il dibattito passa progressivamente dai primi quotidiani, ai
salotti, fino alle piazze. Tuttavia, oggi Internet si rivela il primo
luogo di dibattito pubblico, che ha quasi archiviato i salotti televisivi per
dare spazio a tutti, senza eccezioni.
Sui social impazzano critiche e opinioni riguardanti
l’attualità e le ultime vicende politiche da parte di un popolo che non vuole
più limitarsi ad ascoltare le interviste preparate a tavolino coi politici, che
vuole davvero sentirsi coinvolto e partecipare alla gestione della “cosa
pubblica”. Tutto questo non farebbe una piega, se i cittadini non si
limitassero alla critica sterile. A questo proposito, c’è una pagina su
facebook dal titolo “Eliminare
fisicamente i politici italiani è legittima difesa” che però,
stranamente, ha raccolto solo 401 likes. Tra le informazioni, si legge “Costoro,
furtivamente, si aumentano i privilegi. E intanto l’Italia, inesorabilmente,
affonda…” .
Se la pagina avesse un lato ironico, ora non staremmo
qui a parlarne, anche se “scherzando si può dire tutto, anche la verità”, come
ricordava Freud. Purtroppo, però, le parole più frequenti all’interno della
pagina sono “giustiziateli!” e “da sopprimere”, che, per essere
un social al quale accedono milioni di cittadini, non è il massimo della civiltà.
L’attivismo politico si configura da sempre come
attività di contrasto, finalizzata a produrre un cambiamento nella
società. Può assumere forme violente o pacifiche e, a giudicare dai toni usati
dalla pagina di facebook, quest’ultima rientra proprio nella prima categoria,
anche se attualmente si “limita” a fomentare e incitare gli utenti del social
network.
A dire il vero, l’odio dei creatori sembra non avere
un destinatario preciso, dal momento che neanche al papa emerito Benedetto
XVI furono rivolte, a suo tempo, parole gentili. Tipico atteggiamento di chi si
sente in rivolta contro il mondo, insoddisfatto di una situazione che non ha
dei diretti colpevoli. O forse sì?
Scorrendo la pagina, nessuno propone alternative.
Si individua un’apparente soluzione, cioè “eliminare fisicamente i politici”,
ma poi? Nessuno è lungimirante, nessuno pensa al dopo, forse perché spaventa
troppo. Incitano a scatenare la rivoluzione, ad incendiare i palazzi
delle istituzioni, ad occupare piazze e strade. La sola lingua che parlano e
comprendono è la violenza, spacciandola per “l’unica alternativa” da
prendere in considerazione.
E poi, da notare come venga specificata la
nazionalità dei politici: la sfiducia, infatti, non è verso la politica in
generale, quanto in quella italiana. Dopotutto, i panni sporchi si lavano in
casa e chissà quanti Italiani pensano ogni giorno di attuare le profezie
funeste di quella pagina facebook. Sembra facile condurre una rivoluzione e lo
è, se concepita esclusivamente come appiccare un incendio o demolire un’auto.
Ma poi, una volta distrutto il presente, cosa costruiremo sulle macerie?
Libertà d’opinione e d’espressione sacrosante, certo;
tuttavia non guasterebbe se, una volta tanto, si andasse oltre la critica
scontata e si trovassero alternative sottese da principi e ideali concreti.
Perché quando è la violenza a spadroneggiare, di cosa si dovrebbe parlare? Di
rivoluzione o di involuzione?