mercoledì 23 marzo 2016

HO LAVORATO IN UN CALL CENTER



Immaginate file di uomini e donne seduti spalla a spalla, davanti a dei computer, collegati tramite gli auricolari, che vengono bombardati da un software che in automatico, senza sosta, chiama uno per uno tutti i nomi presenti sull'elenco. Cosa c’è di peggio che convincere le persone a comprare quello che non vogliono. 


 
Com'è il call center? Be', forse la cosa più vicina a un call center è un allevamento intensivo. Anzi, un call center è una via di mezzo tra questo e quando Neo in Matrix prende la pillola rossa e scopre che lui e il resto dell'umanità non si trovano nel mondo reale, ma nudi in una vasca da bagno, con dei tubi infilati in ogni orifizio che ci succhiano l'energia come fossimo batterie. Immaginate file di uomini e donne seduti spalla a spalla, davanti a dei computer, collegati tramite gli auricolari, che vengono bombardati da un software che in automatico, senza sosta, chiama uno per uno tutti i nomi presenti sull'elenco. 


La cosa peggiore è che spesso i destinatari delle chiamate, giustamente, si incazzano. Non tanto per il fatto che li stai chiamando, quello ci può stare, ma per il modo in cui li devi bombardare quando rispondono:
"Pronto?" 
"Salve sono Mario del servizio commerciale X, le interessa..." 
"No, grazie..." 
"Non le interessa?" 
"No, no, grazie." 
A quel punto una persona normale direbbe "D'accordo, grazie e arrivederci." Ma al call center non puoi fare così, non devi fare così, altrimenti sei fuori. 
"Aspetti signore, non ha neanche sentito cosa ho da offrirle, un'occasione incredibile..." 
"Grazie, le ho già detto che non mi interessa..." 
"Mi scusi, ma se non mi lascia neanche l'opportunità di spiegarle quale offerta abbiamo in serbo per lei, come fa a dirmi che..." 
"HO DETTO DI NO CAZZO." 
"Ma, signore, non c'è bisogno di perdere la pazienza io sto solo cercando di fare il mio lavoro..." 
"Ho capito, ma ti ho detto che non mi interessa..." 
"Ma lei non mi concede neanche l'opportunità di spiegarle il prodotto che le sto proponendo." 
"So già cosa volete propormi, NON MI INTESSA!" 
"Se solo mi lasciasse spiegare..." 
"BASTAAA"e attacca.
La prima volta che ti succede capisci cosa prova il Magnotta quando cercano di rifilargli la lavatrice. Quelli sono gli operatori del call center. La prima regola che ti insegnano è: "La chiamata non deve mai durare poco. Ma neanche troppo." Questo perché non tutti per fortuna ti chiudono il telefono in faccia. Ci sono casi in cui chiami la casalinga sola, o il vecchietto che i figli non vanno più a visitare. E lì capita che sei alla ventesima telefonata in 30 minuti, e parlare con una persona per più di un minuto ti sembra il top. Ma no, non si può. "Non perdere tempo, se il vecchio non vuole niente, mandalo a fare in culo," mi dice il mio capo squadra, una sorta di Manuel Agnelli calabrese, dark, vestito con una maglietta nera a retina, gli anfibi e quattro capelli unti pettinati in avanti per nascondere l'ormai innegabile pelata. La filosofia più o meno è questa. Il mestiere del call center è convincere le persone a comprare quello che non vogliono. 

Non tutti sono portati per farlo. Se sei bravo poi ci sono i bonus, se vendi un certo numero di contratti ti trovi un po' di soldi in più nello stipendio. Gli altri invece vanno istruiti, educati, allineati. Così, dopo aver venduto un solo contratto in un mese, ad un povero vecchietto sardo che per vedersi due canali, caccia e pesca, se ne è comprati 502, mi sono licenziato. 

Tratto da :  
 Neri Ricci, I lavori di merda che puoi fare in Italia a vent'anni, www.vice.com, 19 marzo 2015