Tra gli esperti chiamati dal ministro della Giustizia Andrea
Orlando come consulenti per riformare il sistema penitenziario italiano c’è
Adriano Sofri. L’ex leader di Lotta Continua condannato in via definitiva a 22
anni di carcere quale mandante dell’omicidio del commissario di polizia Luigi
Calabresi nel 1972, sarà il responsabile di istruzione e cultura. Due giorni prima di Natale 1997
Sofri, allora detenuto, aveva scritto un polemico articolo contro i Direttori
degli Istituti penitenziari che scioperavano. Il Corriere Adriatico aveva
ospitato in pagina nazionale questo mio intervento.
Corriere Adriatico, 24.12.1997 |
Aldo Maturo
Le affermazioni ed i
commenti gratuiti del detenuto Adriano Sofri, riportate sulla prima pagina de
“La Repubblica”, martedi 23 dicembre, a proposito dello sciopero indetto dal
Sindacato dei Direttori degli Istituti Penitenziari per la vigilia di Natale,
assumono un significato ancora più grave perché provengono da una persona che
il carcere dovrebbe conoscerlo e che riesce, da detenuto ancora più che da
libero, ad avere tutto lo spazio necessario sui giornali e in tv.
Bisogna prendere
atto che in questa nostra Italia, dal clima sempre più sudamericano, trova
spazio solo quello che è funzionale ad una certa ragione politica o ad una ben
identificata e corteggiata intellighentia di regime. Le Repubbliche passano ma
il sistema resta invariato. E la possibilità di poter parlare è inversamente
proporzionale al rispetto che si ha o che si è avuto della legge.
Forse nessuno ha
spiegato a Sofri, o forse lo hanno fatto ma è più demagogico far finta di non
saperlo, che la lotta dei Direttori non è “per qualche dollaro in più”, ma è
proprio per assicurare a questo Paese un carcere migliore.
Forse Sofri non sa
che la volontà politica di burocratizzare i Direttori, svilendone
fantozzianamente il ruolo, serve solo a “normalizzare” il carcere, a
valorizzarne altri connotati, dal sapore meno trattamentale e molto più
repressivo.
Forse Sofri non sa
che rimettere in discussione il ruolo dei Direttori – come questo nostro
illuminato Governo sta facendo – significa strappare loro di mano la
possibilità di una gestione più aperta del carcere, cui tutti i Direttori
tendono, lottando e scontrandosi ogni giorno contro ogni genere di difficoltà
finanziaria, gestionale, sanitaria e relazionale, per assicurare nel carcere le
regole minime di convivenza e di rispetto della dignità umana.
Forse Sofri (che si
interessa di carceri solo da poco e solo perché direttamente interessato) non
sa, o fa finta di non sapere, che la politica penitenziaria da anni segue un
andamento a corrente alternata e cade sulle spalle solo dei Direttori, unici
garanti di una gestione che tenta di gestire l’impossibile senza seguire le
isterie e le faziosità del momento.
Forse Sofri non sa,
ma questo dovrebbe saperlo, che il bilancio della giustizia in Italia è uno dei
più bassi d’Europa e in questi spazi i fondi che pervengono alle direzioni sono
sempre più ridotti ed irrazionalmente insufficienti. Ed i Direttori, in un
clima da 8 settembre, devono nonostante tutto assicurare il funzionamento delle
strutture.
Forse Sofri non sa,
ma anche questo dovrebbe sapere, che le responsabilità delle carenze del
carcerario non vanno ricercate sui Direttori e che le loro continue
segnalazioni, se pur non trovano l’onore della stampa, sono continue,
giornaliere ed altrettanto frequentemente disattese.
Sono tante le cose
che Sofri non sa o non vuol sapere.
Se dovesse essere
trasferito nel mio istituto ne potremmo riparlare. Anche in un giorno di
Natale, in carcere, come ne ho trascorsi tanti in 23 anni di servizio. Rubando
per anni il Natale ai miei cari ed ai miei figli. E loro non hanno nulla da
farsi perdonare.
Faccia un buon
Natale e, spero, meno amaro del mio.
(Corriere Adriatico,
24 dicembre 1997, pagina 4 nazionale)