mercoledì 15 dicembre 2021

LA SPAGNOLA, KILLER DEL XX SECOLO

Nella Prima guerra mondiale c’erano stati dieci milioni di morti. Con la “spagnola” furono tra i 50 e i 100 milioni, il 5 % della popolazione mondiale dell’epoca. L’Italia fu investita da tre ondate epidemiche con  600.000 vittime.Perché passò al secolo come “spagnola”?

 
 

Il vero killer del XX secolo? L’influenza spagnola, che collezionò più vittime della Grande Guerra (1915-18), causa, tra l’altro, della sua inarrestabile diffusione. Sulla carta un banale malessere stagionale che vuoi la guerra, le precarie condizioni igieniche, le acerbe competenze mediche, divampò a livello planetario, trasformandosi in una vera e propria moderna piaga biblica.



 

La pandemia si sovrappose alle fasi conclusive del primo conflitto mondiale, era il 1918. Un dettaglio non da poco. Il più grande olocausto sanitario della Storia ebbe il triste merito di surclassare il primato di vite umane spezzate, record per l’appunto detenuto dalla guerra: 10 milioni i caduti sui campi di battaglia, tra i 50 e i 100 milioni, le persone vittime della spagnola, il 3/5 % della popolazione mondiale dell’epoca. Numeri superiori finanche alla Peste Nera. L’Italia fu investita da tre ondate epidemiche, e in Europa fu seconda per decessi solo alla Russia, contando 600.000 vittime, vale a dire pari al numero di soldati che persero la vita tra il 1915 e il 1918. La particolarità italiana fu che il morbo colpì con una certa aggressività la fascia più giovane della popolazione, in special modo i civili. Con ogni probabilità fu la profilassi militare applicata alle necessità belliche a salvaguardare parzialmente le truppe italiane, mentre gli anziani poterono contare sugli anticorpi sviluppati dopo l’ultima pandemia influenzale datata 1890



La spagnola era in verità americana. Stando alle accreditate ipotesi dello storico John M. Barry, autore del volume The great influenza (edito da Penguin), il primo focolaio si sviluppò nella contea di Haskell, in Kansas, dove il medico di campagna Loring Miner descrisse la patologia con sintomi simil-influenzali, ma di intensità insolita e talora letali. Haskell era una contea isolata e spopolata, il virus avrebbe potuto facilmente rimanere dov’era, senza riuscire a diffondersi nel resto del mondo: ma quello era tempo di guerra. Numerose furono le reclute che si mossero dalla contea a Camp Funston, uno dei maggiori centri di acquartieramento della nazione per l’addestramento di truppe da spedire su suolo europeo. In poche parole, quel virus tanto provinciale quanto pericoloso fu catapultato nel resto del mondo assieme ai soldati americani.

La tesi è stata poi confermata dalla giornalista scientifica inglese Laura Spinney nel suo recente 1918. L’influenza Spagnola. La pandemia che cambiò il mondo (edito da Marsilio). 

Tutto ebbe inizio dai malori del cuoco di Camp Funston, febbre, mal di gola, mal di testa, poi il moltiplicarsi dei casi. Nel frattempo però, complice il trasferimento dei soldati, l’epidemia aveva raggiunto i due terzi dei centri di reclutamento degli Stati Uniti: il danno era irreparabile, «a metà aprile l’influenza aveva già raggiunto il fronte occidentale».
Dalle prime linee il virus si propagò con rapidità: Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania, Spagna, Polonia, poi alla fine di maggio dall’Africa giunse in India. Questo l’effetto domino della prima ondata.

In agosto si ebbe la seconda, ancor più letale della prima. I focolai: Brest in Francia, Freetown in Sierra Leone, Boston negli Stati Uniti. Il virus si sparse ovunque attraverso uomini e navi, e per lo più come conseguenza delle logiche belliche. I malati in forma leggera restavano in trincea, quelli più gravi e contagiosi tornavano a casa o in ospedali da capo affollati e promiscui, contribuendo così al contagio.
L’assenza di antibiotici (decisivi nella lotta alle polmoniti e alle infezioni batteriche), le precarie condizioni igienico sanitarie, le terapie grossolane, fecero il resto.

Anche la guerra delle etichette infuriava, da dove veniva il virus, chi era l’untore? È presto detto e nulla ha che vedere con la zona da cui si sarebbe poi estesa la pandemia influenzale. La nostra domanda è invece un’altra, perché passò al secolo come “spagnola”? La censura militare celava ogni notizia riguardante l’epidemia con l’intento di non demoralizzare una popolazione già pesantemente provata dallo sforzo bellico. La Spagna, neutrale, era l’unico Paese che consentiva invece di scriverne diffusamente sulle proprie testate: in terra iberica fu definita “soldato napoletano”, nome ispirato a un motivetto in voga. Del resto l’influenza aveva contagiato persino re Alfonso XIII e il suo primo ministro. Ecco perché “spagnola”.

La spagnola scemò nella primavera del 1919, repentinamente, proprio com’era apparsa.

https://terredicampania.it/reportage-in-campania/influenza-spagnola-soldato-napoletano/02/05/2020/