Se c'è
una cosa che unisce i governi di tutto il mondo è il cinismo e la crudeltà con cui trattano quelli
che considerano altri. Così simili e così diversi, i muri moderni eretti per
difendere confini, annettere territori, combattere l'immigrazione e il
terrorismo fanno una sola cosa: dividono il mondo. A quasi 25 anni dalla
caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) sono ancora decine i muri della
vergogna. Sono meno conosciuti perchè lontani dagli occhi e dalla memoria del
mondo e si trovano in Israele, Marocco, India, Pakistan, Corea, Messico,
Marocco, Cipro, Iraq e Buenos Aires, dove addirittura si chiamano murallon anti
favelas e dividono i quartieri ricchi dai quartieri poveri delle favelas. (Aldo
Maturo)
Tratto da “I muri della vergogna” di Mirca Garuti
Perché tante
celebrazioni, ricordi ed analisi sulla caduta del muro di Berlino di
venticinque anni fa e neppure una parola, un cenno, sull’esistenza di altri
muri della vergogna nel mondo che continuano a dividere ed uccidere?
Muro tra Israele e Palestina |
Muro
tra Israele e Palestina
Il Muro d’Israele
nasce il 16 giugno 2002! Il muro d’Israele continua, non si ferma,
attraversa la Cisgiordania per circa 720 chilometri. Un muro che imprigiona la
gente in ghetti, che prende la terra ai palestinesi, che con i bulldozer
abbatte le case e che limita e riduce le risorse economiche. Il muro iniziò
come progetto politico dopo la completa invasione della Cisgiordania,
nell’operazione chiamata ”Operazione scudo difensivo”. Solo a Bil’in, dei
40.000 ettari rimasti dopo la costruzione delle colonie, il muro ne ha annessi
più della metà. In cinque anni di protesta sono stati uccisi 23 manifestanti
nel corso di manifestazioni pacifiche.
Questa notizia non è apparsa, non è stata ritenuta, evidentemente, importante!
Questa notizia non è apparsa, non è stata ritenuta, evidentemente, importante!
Un silenzio
penetrante si aggira intorno al Marocco che perpetua l’occupazione del
territorio del Sahara Occidentale dal 1975. Il muro di sabbia, costruito
nel deserto a partire dal 1982, è lungo 2700 chilometri e la sua altezza varia
da uno a trenta metri. Un muro eretto dal Marocco per difendere la terra che ha
occupato impedendo ai suoi abitanti di muoversi sulla loro stessa terra. Il
popolo Saharawi ha resistito combattendo una guerra fino al 1991, da allora,
vive profugo e prigioniero del deserto algerino. Il “muro della vergogna” ha
tolto la dignità di vivere a questo popolo. Quelli che vivono nella parte
occupata (circa 200.000) possono fare solo lavori manuali a beneficio di un
altro popolo e non possono manifestare liberamente il proprio dissenso, pena
l’arresto, la tortura e la morte. I Sahrahawi fanno parte di una Repubblica
democratica araba dei Saharawi (RASD) ed è stata riconosciuta da 82 paesi, ma
l’Europa, no, nessun riconoscimento, nemmeno dalla Spagna. Sono sempre stati
una moneta di scambio, offerta dalle imprese e dai paesi che comprano dal
Marocco quello che vende anche se non è suo. I Saharawi, costretti a vivere
solo con aiuti umanitari di altri paesi, continuano a sperare che un giorno
potrà arrivare, anche per loro, la libertà di tornare alla propria terra.
Muro India - Bangladesh |
Muro
tra India e Bangladesh
Un muro di ferro e
acciaio lungo 4000 chilometri dal 2006 separa l’India dal Bangladesh, la più
lunga frontiera dell’Asia meridionale. In un mondo sempre più globalizzato,
s’innalzano le cortine di ferro a difesa di una “sicurezza” contro il
terrorismo. Ma perché siamo arrivati a tanto?
Un muro contro i
kamikaze, i trafficanti di droga, di armi, contrabbandieri e immigrati
clandestini.
Muro India - Pakistan |
Muro
tra India e Pakistan
Anche in Pakistan la situazione non è diversa, infatti la
barriera qui corre lungo le montagne del Kasmir, alta tre metri e sormontata da
filo spinato.
Nel 2005 per difendere uno dei confini più lunghi del mondo sono stati impiegati 45mila soldati indiani. L’India in realtà non potrebbe erigere nessuna barriera lungo la zona franca, dove vivono migliaia di contadini. La nuova Muraglia indiana rischia di isolare 150 villaggi, “imprigionando” gli abitanti stessi. Gli indiani che hanno la sfortuna di trovarsi sulla “Zero Line” sono circa 100mila.
Nel 2005 per difendere uno dei confini più lunghi del mondo sono stati impiegati 45mila soldati indiani. L’India in realtà non potrebbe erigere nessuna barriera lungo la zona franca, dove vivono migliaia di contadini. La nuova Muraglia indiana rischia di isolare 150 villaggi, “imprigionando” gli abitanti stessi. Gli indiani che hanno la sfortuna di trovarsi sulla “Zero Line” sono circa 100mila.
Muro
tra Pakistan e Afghanistan
Attualmente il
Pakistan sta costruendo una barriera di 2.400 km. per controllare la frontiera
con l’Afghanistan.
Muro
tra Corea del Nord e Corea del Sud
Un lungo muro di
silenzio invece corre nella Corea del Nord e del Sud, una possente barriera,
larga 4 chilometri, lunga 240, eretta dagli Stati Uniti e dai
Sud-Coreani, a partire dal 1977.
Un militare
sudcoreano, rifugiatosi al Nord nel 1980, racconta:
“Il mio compito era pattugliare la muraglia di cemento. Essa è alta da 5 a 8 metri, larga alla base da 10 a 19 metri ed alla sommità da 3 a 7 metri. Se si fosse trattato di un’opera anticarro, bastava sbarrare le strade e le pianure, invece la muraglia continua anche attraverso le montagne ed i corsi d’acqua, senza interruzione. L’ex presidente della Corea del Sud, parlando agli ufficiali si era espresso così: ‘Noi diciamo a tutti che si tratta di una misura atta prevenire la minaccia di invasione del Nord verso il Sud, ma questa è un’ipocrisia. Con la costruzione della muraglia di cemento armato noi vogliamo frenare tutti coloro che chiedono la riunificazione per farli desistere dalle loro aspirazioni’”.
Oggi sembra che la Corea del Nord e quella del Sud siano vicine ad un accordo per fare incontrare le famiglie. Si calcola infatti che siano 600.000 i sudcoreani che hanno familiari al nord e che non hanno avuto spesso l’occasione di rivederli dalla fine della guerra. Le riconciliazioni sono comunque molto brevi: due o tre giorni al massimo concesse all’inizio di ottobre 2009, come avvenne in ottobre 2007
“Il mio compito era pattugliare la muraglia di cemento. Essa è alta da 5 a 8 metri, larga alla base da 10 a 19 metri ed alla sommità da 3 a 7 metri. Se si fosse trattato di un’opera anticarro, bastava sbarrare le strade e le pianure, invece la muraglia continua anche attraverso le montagne ed i corsi d’acqua, senza interruzione. L’ex presidente della Corea del Sud, parlando agli ufficiali si era espresso così: ‘Noi diciamo a tutti che si tratta di una misura atta prevenire la minaccia di invasione del Nord verso il Sud, ma questa è un’ipocrisia. Con la costruzione della muraglia di cemento armato noi vogliamo frenare tutti coloro che chiedono la riunificazione per farli desistere dalle loro aspirazioni’”.
Oggi sembra che la Corea del Nord e quella del Sud siano vicine ad un accordo per fare incontrare le famiglie. Si calcola infatti che siano 600.000 i sudcoreani che hanno familiari al nord e che non hanno avuto spesso l’occasione di rivederli dalla fine della guerra. Le riconciliazioni sono comunque molto brevi: due o tre giorni al massimo concesse all’inizio di ottobre 2009, come avvenne in ottobre 2007
Nel 1994 ha avuto
inizio la costruzione della barriera che divide gli Stati Uniti ed il Messico,
detta anche “Muro di Tijuana”, secondo il progetto conosciuto come “Operacion
Guardian”.
La barriera è fatta di lamiera metallica sagomata, alta dai due ai quattro metri, si snoda lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. E’ dotata di illuminazione ad altissima intensità, di una rete di sensori elettronici, di strumentazione per la visione notturna, oltre ad un sistema di vigilanza permanente con autoveicoli ed elicotteri armati. Il confine tra Stati Uniti e Messico, lungo 3.140 km, attraversa territori di varia conformazione, aree urbane e deserti. Il risultato di questa divisione ha portato un numero sempre maggiore di persone che hanno cercato un varco attraverso il Deserto di Sonora o il Monte Baboquivari in Arizona. Tra il 1 ottobre 2003 e il 30 aprile 2004, sono state arrestate dalla polizia di confine 660.390 persone. Secondo dati ufficiali, dal 1998 al 2004 lungo i confini tra Stati Uniti e Messico, sono morte in totale 1.954 persone. La Commissione nazionale dei diritti umani messicana nel suo rapporto, presentato alla fine di settembre 2009, a Città del Messico, riporta che negli ultimi 15 anni sono morte almeno cinque mila persone.
I cittadini statunitensi, attraverso questa barriera, possono così stare tranquilli, l’immigrazione clandestina è sotto controllo, ma tutto questo, si capisce benissimo, è solo una manovra per offrire, da una parte, sicurezza e dall’altra poter continuare a beneficiare di un continuo flusso di forza lavoro a basso costo.
L’immigrazione non si è fermata, ma solo spostata verso zone meno visibili, ma più pericolose. I clandestini, infatti, per sfuggire ai controlli attraversano il deserto dell’Arizona, dove la temperatura può arrivare fino a 50 gradi e dove il fiume ha correnti fortissime. Il numero dei decessi infatti è aumentato e le cause sono sempre o disidratazione o annegamento.
Questa barriera, per tenere fuori il “marcio”, non solo è inutile ma è dannosa e offensiva. A cosa serve il muro? Per i clandestini? Il 99 percento degli illegali cerca solo lavoro. Per i terroristi? Quelli del’11 settembre sono entrati dal Canada. Per la droga? Ma finché ci sarà domanda, esisterà l’offerta e poi la merce arriva anche per mare o aereo.
I messicani entrano negli Usa per lavorare, studiare, comperare abbigliamento o altre cose a buon prezzo; gli americani entrano in Messico per fare benzina, comprare medicine (costano quattro volte meno) e per andare dal dentista.
Tutto continua come sempre, ma più in silenzio. Solo i morti aumentano.
La barriera è fatta di lamiera metallica sagomata, alta dai due ai quattro metri, si snoda lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. E’ dotata di illuminazione ad altissima intensità, di una rete di sensori elettronici, di strumentazione per la visione notturna, oltre ad un sistema di vigilanza permanente con autoveicoli ed elicotteri armati. Il confine tra Stati Uniti e Messico, lungo 3.140 km, attraversa territori di varia conformazione, aree urbane e deserti. Il risultato di questa divisione ha portato un numero sempre maggiore di persone che hanno cercato un varco attraverso il Deserto di Sonora o il Monte Baboquivari in Arizona. Tra il 1 ottobre 2003 e il 30 aprile 2004, sono state arrestate dalla polizia di confine 660.390 persone. Secondo dati ufficiali, dal 1998 al 2004 lungo i confini tra Stati Uniti e Messico, sono morte in totale 1.954 persone. La Commissione nazionale dei diritti umani messicana nel suo rapporto, presentato alla fine di settembre 2009, a Città del Messico, riporta che negli ultimi 15 anni sono morte almeno cinque mila persone.
I cittadini statunitensi, attraverso questa barriera, possono così stare tranquilli, l’immigrazione clandestina è sotto controllo, ma tutto questo, si capisce benissimo, è solo una manovra per offrire, da una parte, sicurezza e dall’altra poter continuare a beneficiare di un continuo flusso di forza lavoro a basso costo.
L’immigrazione non si è fermata, ma solo spostata verso zone meno visibili, ma più pericolose. I clandestini, infatti, per sfuggire ai controlli attraversano il deserto dell’Arizona, dove la temperatura può arrivare fino a 50 gradi e dove il fiume ha correnti fortissime. Il numero dei decessi infatti è aumentato e le cause sono sempre o disidratazione o annegamento.
Questa barriera, per tenere fuori il “marcio”, non solo è inutile ma è dannosa e offensiva. A cosa serve il muro? Per i clandestini? Il 99 percento degli illegali cerca solo lavoro. Per i terroristi? Quelli del’11 settembre sono entrati dal Canada. Per la droga? Ma finché ci sarà domanda, esisterà l’offerta e poi la merce arriva anche per mare o aereo.
I messicani entrano negli Usa per lavorare, studiare, comperare abbigliamento o altre cose a buon prezzo; gli americani entrano in Messico per fare benzina, comprare medicine (costano quattro volte meno) e per andare dal dentista.
Tutto continua come sempre, ma più in silenzio. Solo i morti aumentano.
L’Europa
non ha avuto solo il muro di Berlino, è responsabile, come il resto del mondo,
di continue divisioni e di diritti negati.
Basta ricordare la barriera di separazione di Ceuta e Melilla, barriera fisica tra il Marocco e le città autonome spagnole di Ceuta e Melilla, per ostacolare l’immigrazione illegale.
Progettata e costruita dalla Spagna con un costo di 30 milioni di euro pagati dalla Comunità Europea, è formata da barriere parallele prima di tre metri di altezza, ora di sei, con posti di vigilanza e camminamenti per i veicoli adibiti alla sicurezza. E’ dotata, come quella americana, di una illuminazione ad alta intensità, di una rete di sensori elettronici acustici e visibili e di un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso.
Il confine tra Spagna e Marocco è quello fisico dello Stretto di Gibilterra, ma il regno spagnolo conserva da millenni le due città che si trovano in territorio africano. Il Marocco nel 2002 ha chiesto all’Assemblea Generale della Nazioni Unite la restituzione della sovranità delle due città. La Spagna ha adottato una linea molto dura con i clandestini e paga bene il Marocco per avere una proficua collaborazione nella lotta contro l’immigrazione.
Basta ricordare la barriera di separazione di Ceuta e Melilla, barriera fisica tra il Marocco e le città autonome spagnole di Ceuta e Melilla, per ostacolare l’immigrazione illegale.
Progettata e costruita dalla Spagna con un costo di 30 milioni di euro pagati dalla Comunità Europea, è formata da barriere parallele prima di tre metri di altezza, ora di sei, con posti di vigilanza e camminamenti per i veicoli adibiti alla sicurezza. E’ dotata, come quella americana, di una illuminazione ad alta intensità, di una rete di sensori elettronici acustici e visibili e di un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso.
Il confine tra Spagna e Marocco è quello fisico dello Stretto di Gibilterra, ma il regno spagnolo conserva da millenni le due città che si trovano in territorio africano. Il Marocco nel 2002 ha chiesto all’Assemblea Generale della Nazioni Unite la restituzione della sovranità delle due città. La Spagna ha adottato una linea molto dura con i clandestini e paga bene il Marocco per avere una proficua collaborazione nella lotta contro l’immigrazione.
Muro
tra Cipro Nord (Turchia) e Cipro Sud (Greco Cipriota)
Cipro – un muro che
per molti è caduto ma dove ai rifugiati politici non sono ancora
riconosciuti i loro diritti.
Il termine “linea
verde” nasce proprio a Cipro nel 1964. A Nicosia ci furono
violenti scontri tra le comunità Turco Cipriota e Greco Cipriota. La Gran Bretagna,
la potenza coloniale che per ottanta anni governò l’isola, ebbe il compito di
monitorare il cessate il fuoco. Il Generale Young, in un incontro tra le
parti, tracciò con un pastello verde, sulla carta della città, una linea
per stabilire un confine provvisorio tra le parti in conflitto. Questo fu
solo l’inizio di una lunghissima divisione tra le parti. I Turchi occuparono
stabilmente la parte settentrionale dell’isola che il governo di Ankara
riconosce come Repubblica Turca di Cipro Nord, il resto del territorio, quasi
il 60% dell’intera superficie, è controllato invece dai Greco Ciprioti, il cui
governo è riconosciuto dalla Comunità Internazionale come il solo legittimo
rappresentante di tutta la Repubblica di Cipro. Nel 2004 la Repubblica di Cipro
entra nella Unione Europea, mantenendo in sospeso la parte settentrionale
dell’isola. Nella primavera del 2003 le autorità turco cipriote aprono tre
nuovi varchi nella linea verde, oltre a quello dell’Hotel Ledra Palace che dal
1974 era l’unico punto di passaggio. Così greci e turco ciprioti hanno ripreso
a guardarsi ma ancora incapaci di comprendersi. Nicosia è una città dai due
volti.
Sono passati 35 anni, ma il muro che divide in due l’isola uccide ancora.
“A Cipro, al di là dell’assistenza sanitaria gratuita, manca tutto per coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiati, afferma Doros, attivista del Kisa Center (centro formato da avvocati ed operatori sociali), non c’è una politica reale d’inserimento di queste persone. Ricevono un piccolo sussidio mensile, fanno lavoretti saltuari, ma non sono in grado di rifarsi una vita”. La gente crede a quello che i media hanno voluto far credere (non è una novità!), ossia al fatto che i richiedenti asilo sono solo bugiardi, fingono di avere alle spalle delle storie dolorose, e che, infine, portano via il lavoro ai ciprioti.
Non c’è solo il muro a Cipro, ma, ci sono anche le mine. Il numero di incidenti, causa il terreno minato, è in crescita e, quello che preoccupa, è il fatto che succedono in zone che non sono ritenute minate da tempo.
Le spiegazioni sono tante: possono essere i trafficanti di essere umani che mettono mine per scoraggiare quelli che vorrebbero passare senza pagare loro il “pedaggio”, la polizia per rendere il confine invalicabile per i migranti, oppure, a volte capita che con il passare del tempo, le mine si spostano.
Sono passati 35 anni, ma il muro che divide in due l’isola uccide ancora.
“A Cipro, al di là dell’assistenza sanitaria gratuita, manca tutto per coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiati, afferma Doros, attivista del Kisa Center (centro formato da avvocati ed operatori sociali), non c’è una politica reale d’inserimento di queste persone. Ricevono un piccolo sussidio mensile, fanno lavoretti saltuari, ma non sono in grado di rifarsi una vita”. La gente crede a quello che i media hanno voluto far credere (non è una novità!), ossia al fatto che i richiedenti asilo sono solo bugiardi, fingono di avere alle spalle delle storie dolorose, e che, infine, portano via il lavoro ai ciprioti.
Non c’è solo il muro a Cipro, ma, ci sono anche le mine. Il numero di incidenti, causa il terreno minato, è in crescita e, quello che preoccupa, è il fatto che succedono in zone che non sono ritenute minate da tempo.
Le spiegazioni sono tante: possono essere i trafficanti di essere umani che mettono mine per scoraggiare quelli che vorrebbero passare senza pagare loro il “pedaggio”, la polizia per rendere il confine invalicabile per i migranti, oppure, a volte capita che con il passare del tempo, le mine si spostano.
Muro Iraq-Kuwait |
Muro
tra Iraq e Kuwait
La
barriera tra Iraq e Kuwait è lunga 190 chilometri e si estende in Iraq, Kuwait
e per tutta la lunghezza del loro confine comune dall’Arabia Saudita al Golfo
Persico. Costruita a partire dal 1991, subito dopo l’inizio della prima Guerra
del Golfo, sotto l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, il suo scopo dichiarato è quello di arginare un’eventuale nuova
invasione del Kuwait da parte dell’Iraq.
Muro
anti favelas a Buenos Aires
Nell’era della globalizzazione
totale, la libertà fa paura.
Non ci sono, infatti, solo muri per allontanare immigrati o terroristi, esistono anche barriere che dividono i ricchi dai poveri, come succede a Buenos Aires nel quartiere Horqueta. Per difendersi, infatti, dai poveri di Barrio della Villa Jardin - perché dicono che rubano e saccheggiano case - è stata costruita una barriera alta tre metri e lunga quasi trecento.
Non ci sono, infatti, solo muri per allontanare immigrati o terroristi, esistono anche barriere che dividono i ricchi dai poveri, come succede a Buenos Aires nel quartiere Horqueta. Per difendersi, infatti, dai poveri di Barrio della Villa Jardin - perché dicono che rubano e saccheggiano case - è stata costruita una barriera alta tre metri e lunga quasi trecento.
Anche Rio de Janeiro ha
proposto un murallon anti favelas
Conclusione
Dietro quindi a
tutti i muri esiste la fame che è in grado di sconfiggere ogni paura. I muri
non saranno mai il fondamento per creare amicizia e rispetto tra i popoli.
Non solo è estremamente difficile abbattere questi muri, è quasi impossibile, invece, fare crollare quelli virtuali. L’Italia non ha innalzato fisicamente nessuna barriera, ma, con il nuovo “decreto sicurezza” e con la sua politica dei respingimenti, dimostra di essere in linea con le direttive di tutti questi Paesi.
La situazione è certamente molto difficile e preoccupante, non ci sono segnali di nessuna apertura verso il problema “immigrati”, anzi, è esattamente il contrario. Lo dimostra il fatto che, per la prima volta, i politici dell'Unione Europea hanno chiesto la creazioni di “voli di ritorno comuni”, finanziati dalla stessa Unione Europea. I voli charter sarebbero spesati da Frontex (agenzia dell'Unione incaricata della sicurezza alle frontiere). E chi avrebbe chiesto questo? L'Italia e la Francia! Il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito questo risultato “un grande progresso” e ha inoltre proposto la creazione di guardie di frontiera europee. La sua posizione, analoga a quella del governo italiano, è ferma e precisa “Chi non ha documenti in regola, deve essere rimandato al proprio paese di origine. Con dignità, certamente, ma deve essere rimandato a casa sua”.
Ma chi scappa da guerre, soprusi, carestie, violenze come può avere documenti in regola? Non viene certo in Europa con l'aereo da turismo!! l'Europa ha perso ormai la sua tradizione di accoglienza! La gestione del diritto d'asilo è pressoché inesistente.
Di fronte a tutto questo cosa possiamo fare?
I muri non proteggono nessuno, i muri dividono, i muri uccidono, dobbiamo quindi abbatterli se vogliamo sopravvivere.
Non solo è estremamente difficile abbattere questi muri, è quasi impossibile, invece, fare crollare quelli virtuali. L’Italia non ha innalzato fisicamente nessuna barriera, ma, con il nuovo “decreto sicurezza” e con la sua politica dei respingimenti, dimostra di essere in linea con le direttive di tutti questi Paesi.
La situazione è certamente molto difficile e preoccupante, non ci sono segnali di nessuna apertura verso il problema “immigrati”, anzi, è esattamente il contrario. Lo dimostra il fatto che, per la prima volta, i politici dell'Unione Europea hanno chiesto la creazioni di “voli di ritorno comuni”, finanziati dalla stessa Unione Europea. I voli charter sarebbero spesati da Frontex (agenzia dell'Unione incaricata della sicurezza alle frontiere). E chi avrebbe chiesto questo? L'Italia e la Francia! Il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito questo risultato “un grande progresso” e ha inoltre proposto la creazione di guardie di frontiera europee. La sua posizione, analoga a quella del governo italiano, è ferma e precisa “Chi non ha documenti in regola, deve essere rimandato al proprio paese di origine. Con dignità, certamente, ma deve essere rimandato a casa sua”.
Ma chi scappa da guerre, soprusi, carestie, violenze come può avere documenti in regola? Non viene certo in Europa con l'aereo da turismo!! l'Europa ha perso ormai la sua tradizione di accoglienza! La gestione del diritto d'asilo è pressoché inesistente.
Di fronte a tutto questo cosa possiamo fare?
I muri non proteggono nessuno, i muri dividono, i muri uccidono, dobbiamo quindi abbatterli se vogliamo sopravvivere.