Cara vecchia piscina,
appuntamento fisso del mattino, luogo cult della vita balneare telesina.
14 giugno 2010
L’acre odore di
zolfo ti prendeva piacevolmente alla gola appena mettevi piede nell’androne,
lasciandoti alle spalle il caldo afoso dei viali assolati. Un breve
slalom tra le grosse colonne ed eri davanti al bagnino, serioso, implacabile
davanti al suo panchetto, pronto a placcare chiunque volesse aggirarlo senza
biglietto, uno sguardo complice alla moglie o all’ avventizio “stagionale”.
Prima ancora di
entrare era doveroso guardare dal “finestrone”. Ti facevi largo tra maturi bagnanti
che vi soggiornavano incuriositi alla vista di tante donne con i primi bikini.
Un’occhiata esperta tra una spalla e un gomito bastava a valutare se valeva la
pena o meno di entrare. La ragazza vista la sera prima in pista, uno o più
amici, un “pezzo” di compagnia, tutti motivi sufficienti per entrare.
Ed allora un rapido
dietro front fino al bagnino con cui contrattavi il numero della cabina dopo
aver superato l’ostacolo del biglietto - contrabbandato chissà come - se non eri tra i fortunati possessori di
tessera omaggio centellinata da Don Eduardo Minieri.
“Alla
18 ce ne sono 10”, “alla 24 ce ne sono 5 ma non sono di Telese”. Allora pur di
entrare suggerivi il numero della cabina dov’era un amico visto dal finestrone.
“No, non posso, sono già troppi”.
Tira e molla e alla fine una soluzione si trovava.
Ti precedeva
rassegnato e accaldato nel lungo corridoio circolare per guidarti verso
la cabina e sbuffando approfittava del tragitto per farti la solita paternale
giornaliera. Per non sentirlo accentuavi il toc toc degli zoccoli
di legno che rimbombavano sul pavimento bagnato, mentre dalla piscina
filtrava il vociare inconfondibile di gente festante, misto all’odore di zolfo
ed ai continui splash di panciate destinate a vittime incolpevoli.
Ti apriva la porta come la si apre a
un toro pronto alla corrida e ti ritrovavi in una cabina piena di mucchietti di
pantaloncini e magliette. Intuivi che quelli poggiati in equilibrio instabile
sull’unica sedia in listelli di legno appartenessero a chi era arrivato per
prima. Contando gli zoccoli o gli infradito riuscivi a capire quanti erano quel
giorno i tuoi coinquilini, poi ti sfilavi pantaloncino e maglietta
appallottolandoli in un angolo asciutto. Spesso per non bagnarli l’unica
alternativa era poggiarli sugli zoccoli o sul finestrotto sopra la porta
esterna. Un ultimo sguardo sfuggente al piccolo specchio attaccato al
muro ed aprivi la porta per immergerti nel sole che miscelava il bianco
delle mura all’azzurro dell’acqua sorgiva. Prima un gradino poi l’altro,
verso l’acqua gelida, attento a non scivolare, mentre lo sguardo –
come un radar – ruotava alla ricerca di amici o prede.
Cara vecchia piscina,
appuntamento fisso del mattino, luogo cult della vita balneare telesina.
Chi c’era non può
dimenticare che a lei deve tanti amori e fantasie stagionali coltivate tra
tuffi, panciate, baci rubati, plateali gavettoni, bagni memorabili al
bagnino con cui si contrattava ogni volta l’ora dell’uscita, mentre lo zolfo
imbiancava la pelle.
La piscina ha
segnato la vita dei ragazzi degli anni ’60 ed è stata per decenni l’unico
simbolo dell’estate telesina.
( da "Fotogrammi di
memoria", Aldo Maturo, Ediz.Nous 2013)