“Lo Stato italiano era una feroce dittatura che ha
messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando,
seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono di
infamare con il marchio di briganti” (Antonio Gramsci). Cialdini dava queste cifre per i primi mesi del 1861 e per la sola zona
del napoletano: 8968 fucilati fra i quali 64 preti e 22 frati, 10604
feriti, 7112 prigionieri, 918 case bruciate, 6 paesi interamente arsi,
2905 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate, 13629 deportati, 1428
comuni posti in stato di assedio (Vittorio Messori, Le cifre del
gen.Cialdini).Al Gen. Cialdini, che ordinò la strage, è intestata stranamente una delle strade principali della città di Pesaro.
All’indomani della proclamazione
del Regno d’Italia, in molti territori appartenenti all’ormai ex Regno delle
Due Sicilie, si verificarono non
pochi casi di resistenza di matrice filoborbonica contro il neonato Stato
sabaudo. Rivolte e tumulti, spesso capeggiati da semplici
cittadini o da militari dell’ex esercito duosiciliano, erano all’ordine del
giorno. Uno di questi episodi si verificò
il 7 agosto 1861 quando i componenti della brigata Fra Diavolo,
capeggiati da Cosimo Giordano ex
sergente di Sua Maestà Francesco II di Borbone, occuparono i
paesi di Pontelandolfo e Casalduni, in provincia di Benevento, ed issata la
bandiera borbonica vi proclamarono un governo provvisorio.