Leggere
"Fotogrammi di memoria", di Aldo Maturo, comporta l’essere
immediatamente sedotti dal gioco dei ricordi e dal piacere di ritessere
frammenti della propria vita, a partire da quelli di un altro. Fotogrammi di
memoria, pur essendo dedicato prevalentemente a Telese, si rivela come
una vera ricerca nostalgica: ogni volta che l’Autore ritrova un pezzo del
proprio passato, è subito pronto ad evadere, per guardare ancora ed oltre…senza
mai restare prigioniero di una falsa nostalgia
su www.vivitelese.it, 8.8.2013
“Capii subito che
dietro ogni fascicolo non c’era solo un nome, ma un uomo di cui avrei dovuto
imparare a conoscere il viso, le abitudini, le aspettative, il carattere, le
miserie, la sua vita affettiva e, perché no, la sua connaturata voglia di
evadere.”
Al termine del mio
periodo di lavoro presso una UOSM, in qualità di vincitrice di avviso
pubblico, un collega psichiatra mi donò un libro di Adam Phillips (per i
non addetti, un noto psicoanalista inglese) dal titolo L’arte della fuga. Bastò
lo sguardo di intesa, non ci fu bisogno di dire niente, sapevamo che dietro
quel dono si nascondeva un reciproco riconoscimento: eravamo entrambi artisti
della fuga, appassionati e attenti osservatori dei limiti, dei vincoli e,
ovviamente, di una “connaturata voglia di evadere”.
Per chi fa il mio
mestiere la questione è fondamentale: le persone si costruiscono internamente
delle vere e proprie prigioni, con vari livelli di sicurezza e di
impenetrabilità della struttura, ma l’aspetto affascinante della faccenda è che
esse hanno costruito quella prigione per evadere da una realtà in cui non
riuscivano a muoversi senza farsi molto male.
Poi, come primo
livello di sicurezza, hanno dimenticato di esserne i veri artefici, attribuendo
ad altri i ruoli di carcerieri, direttori e responsabili della propria limitata
libertà. Per cui, non si tratta semplicemente di aiutare queste persone ad
evadere dalla loro prigione, ma soprattutto di aiutarle a riconoscere che
quella struttura l’hanno costruita loro. In realtà, tutti abbiamo bisogno di
erigere dei limiti per coltivare la nostra “connaturata voglia di evadere”, che
è poi l’arte di vivere intesa come capacità di andare oltre, ma si tratta di
un’arte complessa, che va appresa e raffinata.
Filomena Rita Di Mezza |
Perdonate la lunga
premessa personale, ma leggere Fotogrammi di memoria, di Aldo Maturo, comporta
l’essere immediatamente sedotti dal gioco dei ricordi e dal piacere di ritessere
frammenti della propria vita, a partire da quelli di un altro.
Ed è questo uno dei
pregi particolarissimi dell’Autore, la capacità di stimolare la riflessione su
aspetti importanti della vita, potenzialmente racchiusi nei ricordi personali
di ciascuno, ma capaci di schiudersi solo grazie all’esempio di
rimemorazione appassionata di un altro. Le sollecitazioni sono molte ed
avvincenti: c’è il treno dei bagnanti, che dopo la lettura del libro, corre per
alcuni come me, che non l’hanno mai visto, sui binari dell’immaginazione
e fa ripensare al valore curativo delle nostre acque solfuree in uno
scenario completamente diverso. Un ricordo , dunque, come rilancio di
progettualità e desiderio; ci sono poi gli oggetti del passato, il braciere, il
prete, rievocati in modo così suggestivo da risvegliare tepori e bisogni di
intimità famigliare che appartengono a ciascuno, indipendentemente dalle
generazioni. Insomma, direi che si tratta di un pamphlet sulla memoria che,
paradossalmente, ci riporta tutti in uno stesso tempo, quello dei
principi fondamentali della vita, dove le differenze cronologiche si
allineano sulla “contemporaneità”.
Un’ultima nota.
Conosco Aldo Maturo da due anni, attraverso la lettura dei suoi articoli su
Vivitelese, articoli che mi incuriosivano non solo e non tanto per i contenuti,
ma per quella “firma interiore” che solo alcune scritture posseggono. Sto
parlando del piacere di leggere qualcosa perché si è attratti dallo stile
dell’Autore, prima ancora che dall’argomento e degli scritti di Aldo mi ha
sempre attratto la particolare mistura di un’intelligenza affilata dalla
sensibilità e dalla cultura, con una lieve ma inconfondibile vena di severità.
Soprattutto, però,
ho imparato a riconoscere l’inclinazione nostalgica della sua penna, di cui
questo ultimo libro è profondamente intessuto.
Ma, attenzione, la
nostalgia che si ritrova nel testo non è semplicemente il desiderio agrodolce
di tornare in un luogo o in un tempo lontano, piuttosto, come ogni autentico
nostalgico sa, si tratta di continuare a ricercare un luogo speciale in cui
sappiamo di essere già stati, ma che non sapremmo circoscrivere esattamente,
per farvi ritorno.
Ecco
perché Fotogrammi di memoria, pur essendo dedicato prevalentemente a
Telese, si rivela come una vera ricerca nostalgica: ogni volta che
l’Autore ritrova un pezzo del proprio passato, è subito pronto ad evadere, per
guardare ancora ed oltre…senza mai restare prigioniero di una falsa nostalgia.