domenica 18 marzo 2012

LA BOUVETTE DELLE TERME



8 maggio 2011
Aldo Maturo



La Bouvette delle Terme di Telese è forse il posto più centrale del Parco oltre che punto di osservazione privilegiato su quanti passeggiano lungo i viali principali che portano alle piscine o al padiglione termale.
Incastonata in una costruzione fine secolo XIX, ha l’aspetto di un palcoscenico, con un fondale ad ampie vetrate sul retrostante Imbottigliamento ed un proscenio delimitato da una balaustra vagamente ecclesiale, sormontata da un tendone ad arco che ne completa l’allestimento. 


Su questa ribalta contornata da gerani e surfinie andava in scena ogni estate la promozione immediata dell’acqua sulfurea per il nuovo e il vecchio cliente.
Il ruolo di promoter era affidato a tante ragazze  telesine e il mio ricordo va a Gilda e Paola Ceniccola e, da ultimo, a Maria Fuschini. Stavano lì, di stagione in stagione, a riempire uno dopo l'altro i bicchieri di carta sotto le cannelle dell'acqua solfurea, sempre pronte a dissetare il cliente affezionato o ad offrirne un bicchiere al turista di passaggio. Ne valutavano il gradimento dalle smorfie del viso al sapore di quell’insolito odore di zolfo che da 662 anni impregna anche l’aria.
 
La Bouvette, anni '30
La figura di Maria è più presente nella mia mente. Cordiale ed affabile, la conoscevamo tutti ed era forse uno dei personaggi più noti anche tra i bagnanti, capace di opporre un cortese rifiuto a chi le chiedeva di poter riempire non solo il bicchiere ma anche una bottiglia. Per un intero inverno non ci si incontrava mai pur abitando tutti a Telese ma poi d’estate scattava questo passaggio dalla Bouvette per fare due chiacchiere e guardarsi intorno. Ferma per ore in quel posto, sui bagnanti era la più informata di tutti. A lei ci rivolgevamo per cercare di avere notizie sui nuovi arrivi e da lei accettavamo amichevolmente di essere presi in giro quando ci vedeva passare e ripassare, soli o in compagnia, alla ricerca di "scoperte" ed emozioni giovanili, poi vanificate dalle delusioni di quell’età.
 
Più tardi al lavoro della Bouvette si aggiunse la spola con il vicino chiosco di legno, distante pochi metri, dove si poteva sostituire il bicchiere di carta con un bicchiere di vetro. Lo si acquistava e lo si lasciava lì, pronto all’uso, incasellato come soldatino nello scaffale ripartito a numeri, corrispondenti alla fiches in plastica azzurra che di solito si appendeva al portachiavi fino alla fine dell’estate.
A pochi passi sul marciapiede di fronte c’era “Vicienzo Grillo” che aveva ereditato dalla madre Rosaria il lavoro, il posto e il cestone di vimini, poi sostituito da un decoroso banco di lavoro che la sera illuminava con lampadine pendule tra due lampioni del viale. Era la sua rivendita volante di tarallucci, quelli tipici di S.Lorenzello, rigorosamente intrecciati a mano ed eredi di una tradizione secolare che se li tramanda lisci o col finocchietto. Si vendevano a “nserte”, cioè a blocchi di 20 taralli tenuti insieme da uno spago per formare una collana che si sgranocchiava in pochi minuti.
L’abbinamento tarallucci e acqua solfurea appena prelevata alla fonte era – e forse rimane – uno dei matrimoni gastronomici più tradizionali ed appetitosi del posto che scandisce nella mente del visitatore il ricordo del suo passaggio per Telese.

(da Fotogrammi di memoria, Aldo Maturo, Ediz.Nous 2013)